E alla sera, dopo cena, ci riunivamo attorno al fuoco a fare i mucchietti d'immondizia: le cose masticate nel sacchetto marrone, la plastica dentro il sacco giallo, il vetro nel bidone verde, la carta nel bidone blu, gli oggetti non identificati in quello grigio, a zio Pasquale che era daltonico gli avevamo scritto "VETRO", "CARTA", "OSSI DI POLLO" col pennarello, a zia Fiorige che non ci vedeva bene glielo avevamo scritto in braille ma teneva l'artrite per cui lo traduceva in greco. Nacquero discussioni sulla natura ontologica del tetrapak, se fosse da includere nella plastica o nel cartone lavorato, le lampadine bruciate, che avrebbero dovuto essere consegnate alla piattaforma ecologica, venivano nottetempo interrate in una buca dietro i vasi dei fiori, il cane dei vicini scoperse l'inganno e fummo costretti a sopprimerlo. In settimana passavano i camion, quello del vetro, della carta e della frazione umida, suonavano ai campanelli delle signore e a quelle un po' dure d'orecchio tiravano i sassolini alle finestre, poi ripartivano diretti alla piattaforma dove scaricavano tutto nella medesima buca, ma questo non si doveva sapere in giro sennò lo scherzo non sarebbe venuto bene.
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