Sperimento ora una non-vita, un'angoscia leggera, la certezza che per tanti sforzi io faccia per essere felice, per quanto io mi sforzi a progettare la felicità, quella felicità comunque mi sarà sempre negata. Tutto sempre tace, niente mai si smuove. Questo io conosco e sento, che degli eterni giri, che dell'esser mio frale, qualche bene o contento avrà fors'altri, a me la vita è male. La noia, il malessere, la malinconia, da queste parti non cadono mai in prescrizione, non sono ricusabili mai. E allora, come qualche tempo fa qualcuno mi aveva pur suggerito: ammazzati. Non se ne parla proprio, è più facile ammazzare qualcun'altro. Ecco per cui naufragar mi è dolce in questo male. Non oso nemmeno più pensare di poter essere felice, che se quella felicità, per un caso del destino, un giorno potesse venirmi a cercare, e per un caso ancora più strano, dopo tanto cercare, pure mi venisse a trovare... io avrei paura che quella felicità mi venisse tolta e la rifiutarei per non cadere in qualche tranello. Sono cose che capitano ai solitari, dopo che se ne sono stati da soli per troppo tempo: si immalinconiscono, s'inacidiscono e dunque si arrabbiano, come se quella rabbia potesse ristabilire una qualche giustizia, come se poi non si rivoltasse contro di loro, quella rabbia... è così.
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