Avevamo molto in spregio Berlusconi perché rappresentava il commercio, la riduzione dell'esistenza ad attività promozionale, poi, è chiaro, anche l'intellò che aveva in odio il commercio doveva pur emergere in qualche modo, la sua ambizione era uguale a quella degli altri, e quindi poco male se finiva pubblicato da Einaudi o Mondadori, anzi tanto meglio, c'erano più possibilità che arrivasse il messaggio, e poi, diametralmente, si era data da tempo al commercio anche la casa editrice che denunciava la corruzione operata sugli uomini dal commercio, e così il cerchio si era chiuso. Oggi l'intellò che chiama alla rivolta è perfettamente calato nella realtà commerciale, all'attività promozionale affianca la denuncia sociale e anzi eleva il glamour a strumento di lotta di classe, posto che la classe a cui appartiene è la più comoda e ben remunerata. Un pacioso rimbambimento delle facoltà rivoluzionarie permette alla società di mutare quel tanto da non disturbare il negozio permanente in cui siamo calati da mattina a sera, "negozio" qui inteso proprio nel suo significato etimologico di negazione dell'otium, e quel commercio che tanto avevamo in orrore alla fine ha permeato tutto, tanto che gli ultimi renitenti al commercio sono diventati oggetto di biasimo anche per i compagni.
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