Nulla garantisce l'universalità dei diritti umani, anche quando ero un convinto attivista ho sempre avvertito l'abisso della mancanza di argomenti solidi che ne giustificassero la validità universale. È un dispiacere rendersi conto che il diritto umano, per quanto lo si voglia dire universale, è soggetto al tarlo del relativismo. In quanto "concezione filosofico-politica accolta come fondamento giuridico dalle Costituzioni moderne" il diritto umano non riesce a mantenersi all'altezza delle sue intenzioni, in quanto "concezione", cioè ideazione fra le ideazioni, e in quanto "accolta", cioè concessa, accordata. Per tentare di renderlo più saldo, il progressista di solito tenta di dimostrare come il diritto umano sia emanazione stessa della ragione, ragione che è diventata l'ultima deità spendibile dopo l'arretramento delle narrazioni religiose, ma la ragione è un concetto ampio e l'argomento rimane zoppo (ragione di cosa? L'uomo nasce come vivente fra i viventi, attribuirgli un diritto superiore rispetto ai moscerini o all'ortica selvatica è già conseguenza di un'elaborazione intenzionale del significato di "uomo"). Il diritto umano, dunque, non solo rappresenta qualcosa di provvisorio, ma è soggetto a un'infinità di deroghe che di fatto lo riducono a garanzia violabile, a un caso speciale del diritto che viene riconosciuto a fasi alterne e sull'onda emotiva, e quindi tutt'altro che universalmente.
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