Ribadisco concetto elaborato qualche tempo fa: siamo giunti al punto che meno ti informi e più sai, meno sei confuso e più sei libero da preconcetti, è il paradosso della sovrabbondanza di informazione, per altro sempre più sgarrupata. Ormai si scrivono articoli che sembrano assemblati da bot con intere frasi ripetute più volte nello stesso articolo. Leggevo una notizia di AGI, Agenzia Giornalistica Italia, ed era scritta così male, come se avessero aggiunto le cose mano a mano, senza badare a quanto scritto precedentemente, che dovevo io cercare di ricostruire i fatti appoggiandomi sul metodo deduttivo. Repubblica e Corriere, poi, le cosiddette "testate autorevoli", si sono trasformate nella colonnina laterale delle notizie fuffa: "Sbadigli continui? Ecco cosa vuol dire", "dimagrisci in due settimane con le melanzane in brodo". "Harry e Meghan sempre più ai margini: Re Carlo gli ha buttato i soldatini". In questa rovina generale millantare di essere le uniche fonti certificate che combattono le fake news è diventata una barzelletta. Le pubblicità sono tutte green, l'energia è tutta pulita, i russi tutti cattivi, gli ucraini tutti eroi. C'è da farsi venire una sindrome psicotica a seguire le notizie, tutto viene ingigantito per sollecitare i centri emotivi, meglio restare centrati su se stessi. Ormai mi accorgo delle cose che accadono nel mondo solo dalla tagline delle tendenze di Twitter, la fine del mondo mi verrà comunicata tramite una hashtag: #finedelmondo (nella tua zona).
Sottoscrivo fino alla penultima riga: non è che su Twitter (e in generale sui social media) le cose funzionino molto meglio – a meno che uno non si riesca a domare gli algoritmi e costruirsi una buona cerchia di contatti, ma è mooooolto difficile riuscirci
RispondiEliminaSì, infatti era una boutade anche quella, mi serviva per fare la battuta sull'hastag "finedelmondo (nella tua zona)"
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