Abbiamo appena superato il Capitolo XXXII dei Promessi Sposi, quello sulla peste, densissimo, gonfio di immagini, di fatti e di situazioni, il capitolo che gli valse anche la stima, fra gli altri, di Edgar Allan Poe (gli altri erano Charles Dickens e Mary Shelley). Mi piace come scrive il Manzoni, dicono che balbettasse, e chi balbetta ha un gran traffico nel cervello, come se le parole gli dovessero uscire ammucchiate, e la sua prosa rispecchiasse questo assembramento, però disciplinato in periodi ordinati che superano in astuzia il principio di non contraddizione. Tutto quel volume di parole e la costruzione stessa delle frasi rimanda ovviamente a Gadda, che del Manzoni era un appassionato lettore, e cosa volete che mi importi se Lucia è una piagnona e Renzo un fessacchiotto, Manzoni ci gioca come il gatto col topo, loro sono il pretesto per illustrare tutto il resto, tanto che il mio personaggio preferito rimane sempre Don Abbondio, soprattutto in quel capitolo delizioso che descrive il suo viaggio verso il Castello dell'Innominato ormai redento, e quivi il suo soggiorno con Agnese e la Perpetua. Di Renzo invece ricordo il capitolo della fuga precipitosa a Bergamo, quando dorme nascosto come un animale in un casotto, al freddo e al gelo, braccato dalla paura. Al Manzoni non perdono solo l'interminabile pippone sul Cardinal Federigo, quello sì stucchevole oltre ogni misura, ma sono quisquilie, per il resto, tanta roba.
Ah, per Ken Follett I Promessi Sposi sono "terribili", confrontiamo:
"Era l'aereo più romantico che fosse mai stato costruito. Sul molo di Southampton, alle dodici e mezzo del giorno della dichiarazione di guerra, Tom Luther scrutava il cielo e attendeva l'aereo con il cuore colmo di ansia e di paura. Continuava a canticchiare sottovoce qualche nota di Beethoven: il primo movimento del concerto Imperatore, un motivo esaltante e battagliero, adatto al momento." (Ken Follett, Notte sull'acqua)
"Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un'ampia costiera dall'altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all'occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l'Adda ricomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l'acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni." (Alessandro Manzoni, Promessi Sposi)
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