È tutto narrato oggigiorno, narrato nel senso di contraffatto, e questo in un'epoca che si fa vanto della correttezza dell'informazione, che ha imparato la lezione del passato (si lanciano moniti sui pericoli della società orwelliana ma in buona parte e del tutto pacificamente lo siamo già, con il concorso incurante di quegli stessi mezzi che la denunciano), non c'è notizia che non puzzi di apologo morale, che non sottintenda una qualche tesi politica/sociale/economica; sottolinea questo, tralascia quell'altro, la sensazione è sempre quella di combattere contro la disonestà di fondo del cronista, una disonestà automatica e interiorizzata, come una seconda natura. La pluralità dell'informazione si riduce a pluralità della disinformazione, campane dissonanti forniscono i mezzi sicuri non già per comprendere la realtà quanto per confonderla definitivamente. Sarà pure che ogni cronista coltiva sottotraccia le sue velleità di scrittore, ma se è così lo dica, tanto vale che scriva romanzi.
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