Oggi più che mai, proprio in ragione dei nuovi mezzi di comunicazione messi a disposizione dal progresso, imperano quelle che già il Leopardi definiva "ciance politiche, fatte per durare un giorno" (Pensieri, LIX). Deprecava, il nostro amabile poeta, la dismisura che si era venuta a creare fra la nitidezza e l'eleganza dei caratteri delle moderne gazzette e il degradamento dell'arte dello scrivere: "È credo che ogni
uomo da bene, all’aprire o leggere un libro moderno, senta pietá di
quelle carte e di quelle forme di caratteri cosí terse, adoperate a
rappresentar parole si orride, e pensieri la piú parte si scioperati". E oggi non va che peggio, ormai è tutto un copia e incolla dal frasario standard di circostanza, dal campionario delle locuzioni di rito: SCATTA L'OBBLIGO. LA MORSA DEL CALDO. GIRO DI VITE. RENZI GIU, MELONI SU, RIDE L'ATALANTA (chissà perché il "giro di vite" me lo figuravo come un traffico di esseri umani e invece era metafora meccanica per intendere un cerchio che si stringe). E con che serietà dibattono nella fascia access prime time, che vuol dire poi dopo cena, attorno all'avvenimento del momento, vanno in fregola seduti in punta di scrivania per l'ultima frescaccia orecchiata al mercato del pesce, scaduta la notizia non se ne sa più niente. Io una volta pensavo che per fare il mestiere bisognava fare lo scrittore e invece bisognava fare il gratacül.
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