Incontrai il professor Parisi sulle rive del Dnipro durante la campagna di Russia dell'agosto 1941, stavamo attraversando un campo di grano nel Tscherkassy Oblast', nel punto in cui il fiume si restringe per poi prendere corso di lago, fu molto gentile con me, ci scambiammo le gallette e lui mi spiegò l'equazione complessa [math]ζ(x) = {n=1}^{\infty} \frac{1}{n^x} =0[/math]. Ovviamente non ci capii un tubo ma preferii assecondarlo annuendo meccanicamente col capo nella speranza che mollasse uno di quei cremini che si diceva conservasse gelosamente nelle giberne assieme ai calibro 6.5 del suo Mod. 91/41 Mannlicher-Carcano-Parravicino a otturatore scorrevole. Nel frattempo si era alzato il vento, le messi d'oro ondeggiavano come le onde di un mare di spighe, di russi ancora non se n'erano visti e non se ne videro almeno fino a dicembre, quando il Generale Inverno ci avrebbe aggredito con le sue terribili armate di ghiaccio, ma allora si era ancora nel dolce termidoro e noi soldati si fraternizzava amabilmente con le giovani mogli dei mugichi ucraini ignari che un giorno sarebbero ritornate con noi non in veste di prigioniere ma ahimè in quella ben più caritatevole di badanti. Il professor Parisi mi guardò dritto negli occhi e mi disse con espressione sorniona: "se sono i cremini che cerchi mi dispiace ma l'ultimo l'ho finito a Leopoli". Mentiva, ma la sua gentilezza mi colpì e ritornai a marciare con gli altri in quel infinito mare dorato fissando fiducioso l'avvenire.
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