Mi sento così: tradito dalla scienza che smuove le montagne ma è impotente di fronte alla malattia. Impossibilitato a credere in Dio, mi manca il gene. Intimamente conscio di essere un guscio troppo fragile in balia delle tempeste. Privato degli affetti. Panico ontologico derivante dalla coscienza del mio essere accidentale e contingente, la vita come mero epifenomeno della morte, un breve preambolo, una cosa di poco conto (a noi mortali gli dei dovrebbero concedere la medaglia al valor ontico). Concentrarsi sul lavoro per pagare l'affitto e nel frattempo cercare casa perché l'immobiliare è in liquidazione (chissà quando riavrò internet). Non avrò più posto per i libri, dovrò buttarne via un po', o io o loro. Maggiori indiziati: vecchie enciclopedie a fascicoli oramai obsolete, romanzi d'appendice, gialli Mondadori. Mi tengo i libri di fisica e di filosofia, Gadda, Primo Levi, i russi, Savinio, Canetti e Simenon. Butto via i francesi, tengo De Sade. Non già sentirsi soli ma essere soli, già solo a rompermi una gamba morirei di fame. Chiamerò l'assistenza per gli anziani.