Scrive Michele Serra dalla sua amaca che sulla sessualità «si assiste a un minuzioso dibattito nominalista, nel senso che si considera fondamentale dare un nome a ciascuna delle condizioni sessuali esistenti e in fieri, comprese le sfumature e le tappe intermedie, considerando gravissima mancanza sbagliare definizione»: bravo, non si poteva dire meglio. Poi segue la rampogna: «È un piccolo, perfetto riassunto di "cos'è la destra, cos'è la sinistra". Poche idee ma molto chiare a destra, molte idee ma ben confuse a sinistra. E il nemico, a sinistra, è sempre e soltanto il collettivo accanto, la rivista rivale, la fazione appena distaccata dallo stesso albero genealogico.» ["Rep" contro "Domani"?] «Nel frattempo prevale, leghista leghista, l'opinione sbagliata, ma semplice. E si perde nel caos verbale l'opinione giusta, ma incomprensibile». Che l'opinione giusta si trovi sempre a sinistra è verità assiomatica, si tratta solo di esortare i compagni a non perdersi in quisquilie. Eppure se solo Serra si mostrasse meno genealogicamente convinto della superiorità morale della sinistra forse si renderebbe conto di trovarsi sostanzialmente in linea con il sempliciotto «leghista leghista» sulla critica mossa al «minuzioso dibattito nominalista» sui generi sessuali perché anche il sempliciotto, col suo cervello piccino piccino, pure arriva ad intuirne la futilità (sempre Serra: «Dall'altra c'è un'assemblea permanente che litiga, se non sui dettagli, su questioni di non stringente urgenza (si deve dire uomo transgender o è sufficiente dire transgender e basta?)»).
In soldoni Michele Serra si può riassumere così: la sinistra ce l'ha grosso, la destra ce l'ha piccolo (il cervello, che avevate capito?).
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