Leggendo quella parte dei Parerga di Schopenhauer che sono gli Aforismi sulla saggezza del vivere ci si trova si fronte a un uomo che ha già capito come funziona il mondo, cioè di come questo sia quel gomitolo di concause che emerge dal continuo confronto fra pressioni sociali esterne e architettura caratteriale interna. Ora, mi sorprende come quel suo dichiarato allievo che è Nietzsche, a suo dire finissimo psicologo, di come si sta al mondo non ci abbia capito niente. Barricato dentro il suo caratteruccio infantile, romanticone e un po' fregnone, pomposo fino alla nausea, per tutta la vita se ne andò a caccia della bella morte, cioè sublimare in un dio greco, cioè rincitrullire senza speranza. Questo dimostra ancora una volta, a mio modo di vedere, l'intrinseca superiorità del maestro sull'allievo più celebrato, e poi, celebrato da chi? Dai pensatori della seconda metà del novecento, vale a dire gente in stato di confusione permanente.
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