domenica 27 maggio 2012

Romanzo dello spleen

A un certo punto ho anche dormito ma delle melanconie notturne stamattina mi è rimasta addosso la sgradevole sensazione di non essere mai riuscito ad ottenere quello che volevo e che la qual cosa possa continuare in eterno. Soprattutto in questo periodo, che ho un certo desiderio davanti agli occhi e mi sfugge, la tortura della privazione, lenta, costante, senza soluzioni di continuità. In più non riesco nemmeno a portare le lenti a contatto, mi sono pure impegnato, ci ho provato e riprovato, il solo risultato è che stamattina ho un occhio pesto, il destro. D'altra parte continuo a perdere diottrie, alla veneranda età di trentanove anni da compiere a fine giugno (fortuna che lenti non sono ancora così spesse). Non vorrei davvero che il mio gemello astrale, Giacomo Leopardi, si sia reincarnato nel mio corpo per perseguitarmi fino alla morte, nel qual caso ci vorrebbe un buon esorcista ma di mano gentile, che sono sensibile all'acqua santa. Ci vuole una certa leggerezza anche per parlare di sé senza scadere troppo nel patetico, per scrivere il romanzo dell'inconcludenza, ci vuole una donna da prendere a modello della felicità e subito dopo un uomo che te la porti via, per creare il pathos e fare da preambolo a uno spleen che non finisce mai, per creare i presupposti di una frustrazione creativa di cui già ti saresti stancato ma che pare essere la cifra della tua esistenza. Questo romanzo magari mi metterò a scriverlo, perché nella scrittura, malgrado tutto, io trovo ancora la consolazione.

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