Internet si sta sempre più uniformando nelle sue espressioni di creatività, un po' come accade nel cinema o nella musica, come se a un certo punto avesse prevalso l'ordine di regolamentare a scapito della libertà di espressione. Avevano cominciato con la lotta alle bufale, ma poi la buona intenzione si è arenata nelle secche di una sbrigativa difesa del senso comune, poi è arrivata la condanna dei discorsi d'odio ma anche lì si è finito per farci rientrare un po' tutto ipocritamente e indistintamente. Siamo arrivati al punto che oggi le uniche personalità emergenti sono quelle costruite attorno alla figura dell'influencer, meglio se shampista o spacchettatore di telefonini, discipline neutrali propinabili a tutti, agli occidentali liberal-democratici come ai comunisti cinesi (influenzare sì, ma esclusivamente in senso commerciale). Questa sterilizzazione sistematica della creatività, sempre più regolamentata e incanalata dentro precisi paletti, produce noia e monotonia in quantità industriali, appiattisce i giudizi e non abitua la mente a spaziare, a produrre idee nuove: al cinema tutti supereroi, nella musica tutti trapper, su internet tutti rappresentanti di cosmetici e specializzati in pillole di cultura da vendere ai turisti: alla riscossa stupidi, che i fiumi sono in piena, potete stare a galla.
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