Era una sorta di autocompiacimento, un risarcimento per la nostra poca autostima, che portava noi uomini di sinistra (I used to be leftie) a sentirci almeno dalla parte giusta della storia. Ciò comportava che, a fronte di una dichiarata avversione per il moralismo di stampo conservatore, finivamo per essere moralisti di stampo progressista. C'è un vignettista su Twitter che è l'epitome di questa Zeitgeist dell'uomo di sinistra: un distributore automatico di patenti di cretino e di minorità mentale (minorità = condizione di inferiorità); fatto salvo il suo razionalismo di maniera, ateismo chic, il resto del mondo è un consesso di dementi sragionanti e privi di capacità di intendere e di volere che concorrono alla rovina del genere umano, così faticosamente educato dall'azione pedagogica degli illuminati e raziocinanti uomini di sinistra. Egualitari per principio, il loro giudizio sugli uomini si riduce a un continuo marcare la distanza fra loro e gli altri, dove gli altri sono chi non la pensa come loro. Di questo atteggiamento sottilmente razzista, anzi, più perfidamente razzista, più introiettato, più portato ad irrancidire e farsi fiele, l'uomo di sinistra è il primo esperto e il più riconosciuto maestro.
Bisognerebbe guardarsi dal far torto più ancora che dal subirlo: quest'ultima cosa ha infatti il conforto della buona coscienza, della speranza in una vendetta, nella compassione e nel consenso dei giusti, anzi dell'intera società, che teme chi compie il male. — Non sono pochi gli uomini versati in quel sudicio raggiro di sé stessi consistente nel volgere il proprio torto in torto altrui, […] per potere in tal modo portare molto più facilmente il proprio peso.»
F. Nietzsche, Umano, troppo Umano.
ritratto fotografico
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