Il tacchino induttivista tutti i giorni riceveva alla stessa ora una dose di vaccino, stava bene e si era fatto l'idea che fosse a motivo di quella punturina, finché un bel giorno invece di ricevere la consueta dose di vaccino viene investito da un tram.
Dimostrare l'esistenza incontrovertibile di un legame di causa/effetto è problema non da poco che ha dato del filo da torcere ai massimi filosofi della modernità. È d'uopo citare in questi casi David Hume: per tante volte che una palla da biliardo, colpita da un'altra, si muove ricevendone una spinta non c'è modo di provare a priori che esista un qualche principio che leghi indissolubilmente i due avvenimenti. Che la palla si muova in virtù del colpo che riceve è una mera constatazione empirica, una regolarità che non garantisce affatto, sulla base dell'osservazione dei casi, che la volta successiva l'avvenimento possa ripetersi uguale al precedente. Questo portò Kant prima e Schopenhauer poi a concordare sul fatto che il legame di causa/effetto fosse quella forma di conoscenza connaturata al nostro essere che si pone prima ancora dell'esperienza determinandone la fisionomia.
Questo discorso si confà perfettamente al caso odierno dei vaccini. Il Paul Ehrlich Institute di Francoforte, nelle motivazioni che sospendono in via precauzionale la somministrazione del vaccino Astra Zeneca in Germania, comunica che è stata riscontrata «A specific form of severe cerebral
venous thrombosis associated with platelet deficiency
(thrombocytopenia) and bleeding has been identified in seven cases
(as of 15 March 2021) in temporal association with vaccination with
COVID-19 Vaccine AstraZeneca» (*). Ora, dimostrare una correlazione evidente fra l'inoculazione del vaccino e i casi di trombosi diventa problematico sul piano scientifico prima ancora che statistico in quanto le leggi scientifiche si determinano proprio in virtù dell'osservazione dei casi: si fa esperienza di un fatto che si ripete con una certa regolarità e se ne ricava una legge. Anche il tanto auspicato determinismo della scienza si fonda in ultima analisi su principi statistico-probabilistici, il che significa che nemmeno la scienza può restituirci in assoluto quella sicurezza del sapere che in genere è così benefica alla distensione dei nostri nervi: vivere è un rischio a cui nemmeno la scienza può porre riparo.
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