Non è per lettori distratti, l'Ulisse, come diceva Svevo, però non è nemmeno così enigmatico come si pensa una volta trovata la chiave di certi riferimenti all'attualità del tempo e quelli propri dell'autore, che comunque si divertiva a buttare dentro tutto quel che gli passava per la testa (quel "flusso di coscienza" che le maestre delle superiori ci indicavano come una cosa strabiliante, un'invenzione sconvolgente). A me quel romanzo europeo lì, di quel periodo, mi piace assai, come mi è sempre piaciuto La coscienza di Svevo (di Zeno, ma di Svevo). Il fu Mattia Pascal, per esempio, ha una sua luttuosità tutta meridionale, che piega al patetico, quella nordica è invece più freddina, a volte scanzonata, seppur terribile (il verdemoccio, il bacile di bile della madre morente). Mi sto divertendo a cesellare tutto parola per parola, solo che così non se ne viene a capo, un solo capitolo mi prenderà un mese. Anche perché vorrei abbinare a ciascun capitolo una piccola pagina di note in modo da agevolarmi la lettura negli anni a venire. Megalomania? Diciamo più un sogno, forse una favola.
Nessun commento:
Posta un commento