In America vige lo stato di natura, sopravvive il più forte, e questa belluina lotta per la vita manda in visibilio gli atlantisti di casa nostra che la lotta per la vita l'hanno vista solo dal divano, come Tocqueville nel suo studiolo a magnificare l'epopea dei pionieri con la copertina sulle spalle e la domestica che gli porta la camomilla. A suo modo anche l'atlantismo è una forma di batticuore per l'umanità, un romanticismo, perché è una bella parola, rimanda agli alisei, alle sconfinate praterie del mare, e in più ci vengono fuori dei bei loghi per le riviste con i velieri che fendono le onde a vele spiegate, perfetti per regimental ministeriali ton sur ton. Sono cattivi gli atlantisti, a loro piace vedere la gente che finisce col culo per aria, perché da ragazzi, all'università, i marxisti si prendevano tutti i riflettori e che rabbia che facevano con le loro menate terzomondiste, per cui anni dopo si sono messi a menarcela in senso opposto. Col tempo sono diventato atlantista pure io ma più che agli Obamagate - perché gli atlantisti sono così democratici che tengono per un solo partito, quella repubblicano - mi interessavo all'Nba, un grande circo colorato pieno di energumeni tatuati come ergastolani ma più ricchi di quello della Luxottica che si montano a vicenda per buttare una palla dentro un canestro, un vero show, ma che dopo un po' finisce per stomacare come le gelatine gommose al gusto Coca-Cola. Insomma, dell'America bisogna esserci appassionati, come quello che è stato a Cuba e quando torna si iscrive ai corsi di latinoamericano. Ci vorrei anche andare in America, per vederla dal vero, per tornare a casa e dire poi agli amici: l'America è proprio come si vede alla tivù, l'è tutta un cinema.
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