Stamattina ho sognato il mondo dopo la pestilenza, la fase due, forse anche tre, mi veniva incontro come se fosse di un altro. Era estate e la gente per strada portava i pannoloni, le donne ai piedi avevano dei sacchetti e ci si formava dentro la condensa. Era tutto avvolto da una nebbiolina densa o forse un'afa, un po' sfocato come in un dagherrotipo, e nessuno parlava. In alto svolazzava un grande uccello, credo l'arpia di Böcklin ma di un genere più inoffensivo, non emetteva un suono ma si capiva che era lì in attesa, come un avvoltoio. Mi domandavo se vi fosse necessità di una qualche protezione per le gambe visto che se ne stavano scoperte, e mi apparivano tutte miserelle, come quelle dei polli appesi al gancio. Qualcuno si era seduto su un vasino e la faceva per strada, le donne in piedi che gli colava tutta fuori dai pannoloni, come una birra. Una metafora dei droplets, mi dicevo nel sogno, perché anche nel sogno io sono lucido e lo psicanalizzo. Non c'era morale né un epilogo, solo quel senso di straniamento tipico dei sogni e le figure che continuavano a mutare di forma e di significato, come ombre cinesi (e forse la Cina non è un caso). Una donna si era tolta il pannolino e se ne andava in giro tutta scoperta, assomigliava a quell'attrice americana e dentro la fica aveva una candela.
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