Si dibatte se sia crisi di fede o di vocazione, un aiutino: è crisi di fede. Fatto il giro turistico delle chiese di Como, vuote come zucche, e piene, si fa per dire, tutt'al più di domenica, ma principalmente per bon ton. La chiesa di Santa Maria Assunta, "imponente cattedrale costruita nell'arco di 3 secoli; interni sfarzosi con arazzi, opere d'arte e affreschi, ottime recensioni", conosciuta perlopiù come Duomo di Como, è spettacolare, stessi artigiani del Dom de Milàn, un barocco da pasticceria viennese, con le volte intarsiate d'oro e rifinite d'azzurro, che verrebbe voglia di andare a messa ma per fatti puramente estetici. O il Santuario del Santissimo Crocefisso dell'Annunciata, sito su strada di grande scorrimento, quasi una tangenziale, con i suoi interni monumentali giocati tutti sugli sprazzi di rosso sopra il grigio plumbeo della pietra, e panneggi cremisi che scendono dalle colonne come nelle sale imperiali di Star Wars. E che dire della deliziosa San Fedele, in cui varcata la soglia ci si trova catapultati in un cupo medioevo fatto di teschietti e diorama in cartapesta con le fiamme dell'inferno che divorano, sottoforma di meringhe di fuoco, poveri peccatori senza più speranza. Di tutti questi ampi spazi così ben congeniati che dovremmo farne? Giganteschi teatrini ad usum turisti, come il Mosè di Michelangiolo o la fontana di Trevi. È un fatto che le chiese attirino ormai più la turista cinese in canottina che i devotissimi cristiani del contado. A San Fedele, per il prezzo di una offerta libera, mi si chiedeva di schiacciare l'interruttore che illuminava il presepio, "per il restauro della chiesa". Ho fatto la mia brava offerta e ci siamo goduti lo spettacolo di lucine colorate che imitavano il ciclo della luce dall'alba al tramonto, una gran tenerezza, una commozione da casa Cupiello... ma che volete, ormai manca il mistero, l'inspiegato, il coupe de teatro.
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