Ho ripreso in mano i testi di sociologia, Comte il tecnocrate che nell'organizzazione scientifica del mondo aveva inteso trovare la soluzione del caso, Marx l'apocalittico che in quella organizzazione ci aveva visto esclusivamente il caso dello sfruttamento e dell'alienazione (non che non esistesse un caso, ma che quello fosse il caso più decisivo degli altri), Tocqueville, il placido aristocratico che forse aveva avuto lo sguardo più lungo di tutti, sempre a sentire Raymond Aron, e cioè "la visione pacificata di una società in cui ognuno possiede qualcosa e in cui tutti, o quasi, sono interessati alla conservazione dell'ordine sociale" (Le tappe del pensiero sociologico, Mondadori, Oscar saggi 1989, Lire 19.000). Tocqueville che accettava il destino democratico con calma rassegnazione, rimpiangendo in cuor suo la perdita del blasone e dello slancio eroico delle società aristocratiche (?) in cambio di un più diffuso benessere per la maggior parte delle persone (la nascita della società industriosa e mercantile in cui le fortune non sono garantite dal titolo nobiliare). Sì, piuttosto calzante come analisi, ci può stare (Aron scriveva sul finire degli anni sessanta).