Per non unirmi anch'io al generale coro di biasimo che si è abbattuto sul libro del generale Vannacci dovrei necessariamente mettermi veramente a leggerlo e analizzarlo con santa pazienza, ma usando una locuzione in uso fra le antiche popolazioni bruzie e campane vi dirò che "nun me ne dice", sicché provo un gran senso di sollievo per il fatto di non essere costretto a dire la mia sul caso più increscioso del momento. Attualmente mi interessano di più le meccaniche di autoproduzione della virtù che si innescano fra le cosiddette "brave persone", questa frenesia acefala che prende alla vista di una battaglia su cui piantare prontamente la bandierina per sentirsi buoni fra i buoni e ottenere il riconoscimento della comunità di appartenenza, oltretutto è chiaro come qualsiasi caso sia sempre montato ad arte da giornali che hanno tutto l'interesse commerciale a scrivere quel che il cliente lettore vuole sentirsi dire. Se il generale Vannacci è colpevole di odio verso gli stranieri e gli omosessuali gli siano tolti i gradi e messo a pane e acqua per rieducarlo coercitivamente alla vita civile (paradosso del generale moderno a cui è richiesta una certa capacità di accoppare eventualmente i nemici della patria usando la prudenza di non calcare troppo sul concetto di patria e comunque sempre nel rispetto dei diritti delle minoranze).
le meccaniche di autoproduzione della virtù che si innescano fra le cosiddette "brave persone", ben detto (anche ciò che chiude tra parentesi). ma anche le meccaniche di autoproduzione dei Vannacci. da dove nasce l'idea che l'omosessualità non riguardi in qualche misura anche i "normali"? si diffonde e si radica tra gli avanzi di caserma, ma non nasce in quei luoghi.
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