È come quando mangi tutti i giorni i cannoli, buoni buoni ma dopo un po' rompono il cazzo. Rompono il cazzo i virologi (o gli epidemiologi, come te pare), al terzo dibattito su twitter, al quarto in televisione, ti si è formata nella testa una tale palta, una pomata di nozioni contrastanti piena di oggetti strani quali il metro di distanza sul livello del mare o l'obbligo di pisciare i cani nei lavandini che a fine serata te ne vai a letto con la netta sensazione di avere fatto qualcosa di sbagliato, di avere saltato uno dei passaggi fondamentali della quarantena, di avere inavvertitamente sterminato con la tua leggerezza un quarto dell'umanità; e hanno rotto il cazzo i giornali che passano con la massima disinvoltura da scenari apocalittici di discese in campo dei quattro cavalieri, peste, discordia, carestia e misericordia, a mielosi reportage sull'Italia riunita a cantare siam pronti alla morte dai balconi; dico, ci siamo rincoglioniti, il virus attacca anche i cervelli, o forse eravamo rincoglioniti anche prima ma in circostanze normali si notava di meno.
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