domenica 18 dicembre 2011

Tannhäuser

E' bene che sappiate come andarono le cose. Quando Tannhäuser, l'aedo, quello delle porte, scese per l'antro in cui si nascondeva la dimora di Venere venne testé ammaliato dalla sua abbacinante bellezza e fatto prigioniero d'un incantesimo. Passò un anno terribile il trovatore, circondato da olgettine, da satiri, da vestali travestite da infermiere, qualcuno, nella concitazione generale, gli infilò perfino un dito nel sedere mentre tutte intorno bellissime ragazze dai mandolini d'oro offrivano le terga a certi strani riti pagani. Insomma, tutti i santi giorni orgie e sesso con minorenni, sette giorni su sette per un anno intero, il nostro oramai sfinito e avvinto come un'edera alla dea dell'amore, la quale, stronza com'era, lo privava financo del nettare degli dei, lo zabaione. All'ennesima offerta d'unire i propri corpi in comunione d'amorosi intenti Tannhäuser cortesemente rifiutò: "no grazie, guardi, non mi tira più". Non l'avesse mai detto, la dea se ne risentì a tal punto che immediatamente l'incantesimo svanì, l'aedo si ritrovò improvvisamente in mutande, seduto sopra un sasso, privato della fiducia alla camera. Tutto taceva, attorno a lui solo macerie. A quel punto il celebrato minnesänger autore di immortali sonetti amorosi quali "Se tu non fossi tu" e "Cascasse il mondo" si fece prendere dai rimorsi e convinto dai suoi avvocati decise di partire alla volta di Roma per invocare il perdono del Papa. Si può solo immaginare lo stupore del nostro quando si sentì rifiutare l'assoluzione, "l'assoluzione è impossibile per voi, come per il vostro bastone è impossibile che getti rami". Ma Tannhäuser non si perse d'animo, mandò tutti a quel paese e si accinse a ritornare dall'amata Venere, la quale non gli era mai uscita completamente dalla testa. Sulla strada che lo conduceva al monte venne poi ad incontrare un guaritore, uno sciamano, un ometto piccolo e tondo, bianco come un verme, che gli offrì un unguento da spalmare sul bastone garantendogli una rapida rifioritura... il terzo atto si conclude con il cielo che minaccia di cadere sopra le teste dei comuni mortali mentre il ringalluzzito aedo, forte del suo rinnovato vigore, corre con le ali ai piedi giù per la caverna oscura attirato dall'allettante prospettiva di altri quattro anni di festini e di baccanali. Fine.

Nessun commento:

Posta un commento