domenica 28 febbraio 2021

Ho fatto il commesso a Bulgaro

Da giovane ho fatto il commesso a Bulgaro, anche se la dicitura corretta sarebbe Bulgarograsso. C'è poco da fare gli spiritosi su Bulgarograsso, comune italiano di 4.027 abitanti situato nella provincia di Como che nel IX secolo fece parte della Contrada del Seprio. Fu importante centro della lavorazione della seta almeno per tutti gli anni '80, poi, nell’imminenza del mio esordio nel mondo del lavoro, entrò in crisi. Questione di timing. Per tenersi a mente il nome bisogna immaginarsi un bulgaro, grasso. Come sono fatti i bulgari? Più o meno come noi, solo che vivono in Bulgaria. Ma a Bulgarograsso non ci sono bulgari, tutt'al più i discendenti di quelle bande di nomadi, in particolare unno-bulgari occidentali kutriguri non slavizzati e ancora pagani proto-turchi che furono collegati con l'invasione longobarda e che si stabilirono nel territorio di Bulgarograsso (grasso dal germanico grasa, cioè “pratone”). A Bulgaro ero commesso in un negozio di scarpe, all’interno vasto assortimento di sandali, ballerine, zoccoli e Mary Jane, che devono il loro nome al protagonista della serie a fumetti "Buster Brown" che ricalcava le fattezze del piccolo Buster Keaton, allora già affermato attore di vaudeville (“Buster” significa  appunto “capitombolo”). Entrava poca gente perché davamo sulla strada, difficoltà di parcheggio, ma quando entravano compravano in stock. Una tedesca una volta comprò due mocassini verdi che era rimasto il 37, una cesta di infradito, dei sandali col tacco e un paio di ciabatte per il suo uomo della serie replica della Birkenstock di cui mi chiese se vendevo anche i calzini bianchi da appaiargli. No signora, mi dispiace, keine Socken (quel giorno telefonai entusiasta alla direzione: doppia razione di biada per il commesso). In compenso diventai esperto di collant e calze per signora: 10 denari trasparenti, 80 denari coprenti. Queste, signora, sono una seta, le provi e vedrà come sono comode. Con le signore ero sollecito e premuroso, le aiutavo perfino a calzare quando le vedevo in difficoltà accompagnando il piede con una leggera apposizione delle dita all’altezza dei calcagni. Le signore apprezzavano e ritornavano soddisfatte, anche quando non compravano niente. Ci sapevo fare, avrei potuto dire la mia come accompagnatore, come commesso fui invece sfavorito dalla posizione, come già detto, davamo sulla strada. Già, la strada, grande maestra di vita. Vicino al negozio c’era un gelataio, alla sera chiudevo e aspettavo l’autobus leccando il mio cono alla vaniglia e pistacchio, il golf club Monticello, di cui si intravedevano le verdi collinette oltre la provinciale, era una promessa di sicuri successi e felicità. Chiudemmo di lì in capo a un anno.

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